Giovedì, 10 Maggio 2012 11:10

Rom senza terra

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti riceviamo il terzo reportage sui campi rom di Giugliano, dopo un’anno dagli sgomberi.
Buona lettura!



ROM SENZA TERRA
TERZO REPORTAGE SUI CAMPI ROM DI GIUGLIANO DOPO UN’ ANNO DAGLI SGOMBERI


A pochi metri dai colorati capannoni del Parco commerciale AUCHAN di Giugliano, in un avvallamento di un terreno incolto più di trenta famiglie rom con donne e numerosi bambini sono concentrati in una impossibile sopravvivenza tra vecchie roulottes e baracche improvvisate, abbandonati da Dio e dagli uomini, dopo lo sgombero dalla zona ASI in data 12 aprile 2011. Tre bambini nel corso di un anno sono deceduti per varie patologie, ma né l’Amministrazione comunale, né la società civile, né la chiesa locale - per quanto ne sappiamo – sono venuti in soccorso. Ai due lati dell’accampamento si ergono cumuli di rifiuti non rimossi che nascondono ratti che infestano il terreno specie di notte. I bambini sono impossibilitati a frequentare la scuola come quando erano accampati nella zona ASI. Una donna di mezza età, che era stata in Germania e Francia dove aveva trovato migliore accoglienza, si lamenta che in Italia sono stati sgomberati come aveva fatto Milosevic in Jugoslavia ed era alla ricerca di un pezzo di terra dove mettere casa. Una quindicenne rom appoggiata ad un auto mi guarda e soppesa, e poi esclama: “Sei vecchio”, secondo la concezione del maschio introiettata anche dalle donne come partner sessuale per la riproduzione biologica.

A distanza di un anno dallo sgombero, venerdì 4 maggio P. Zanotelli con alcuni componenti del “Comitato campano con i rom” hanno voluto rendersi conto della situazione dei cinque campi occupati provvisoriamente da circa 450 rom provenienti dalla Bosnia, e per testimonianza degli uomini che si sono radunati sull’ampia strada per avere notizie, la loro condizione risulta peggiorata per mancanza dei servizi essenziali e l’abbandono in cui versano. La richiesta comune è stata disporre di un pezzo di terra dove potere sistemarsi in condizioni di vivibilità, anche se l’estate scorsa P. Zanotelli con altri si è adoperato per trovare terreni con più adeguate sistemazioni, verificando lentezza e difficoltà non solo da parte della amministrazione e della società locale ma anche di qualche caporione degli stessi rom. La sensazione che riportiamo è quello di impotenza a trovare soluzioni ad una emergenza umanitaria di questi rifugiati politici non solo per uno stigma che pesa su queste popolazioni, ma perché non contano perché non votano. In poche parole non esistono! Anche se i loro diritti all’abitazione, alla sanità, all’istruzione scolastica, all’ occupazione, sono stati più volte riconosciuti e sollecitati al nostro paese da diversi organismi della Comunità europea. Certo il contrasto tra i lindi capannoni per esercizi commerciali con ampie strade asfaltate e la condizione di questi “rifiuti umani” buttati al di là della strada non può essere più evidente, anche se possono risultare invisibili a chi non vuol vedere. Non sono queste persone portatori di diritti e doveri universali, o si vuole cittadini di Dio su questa terra?

Ci portiamo ad un altro accampamento su un ampio spazio incolto verso il Lago Patria nella c.d. zona
“Misso”, dove ci vengono incontro nugoli di bambini solo con qualche camicetta addosso, scarmigliati
ed il sorriso sulle labbra che fanno tenerezza. Almeno qui possono correre liberamente sulla terra battuta, anche se lontani da ogni abitato e scuola, e le donne devono far chilometri per procurarsi l’acqua. Si radunano un gruppo di uomini appartenenti a circa 35 famiglie sgomberate, preoccupati per la situazione che chiedono istantaneamente qualche terreno dove poter costruire le loro abitazioni e disporre di acqua. Vaghiamo tra roulottes e baracche di questo autentico deserto nella campagna circostante, dove hanno trovato rifugio queste famiglie per una inconcepibile sopravvivenza. Quale sarà il futuro di questi bambini in una società finora inospitale perché appartenenti all’etnia rom, senza una cittadinanza riconosciuta anche se nati nel nostro paese?

L’indignazione e lo sconforto prendono l’animo per l’indifferenza e la chiusura all’accoglienza della società circostante. Da parte dell’amministrazione locale bisogna garantire almeno l’acqua, la rimozione dei rifiuti, l’istruzione scolastica, di cui ci faremo voce in attesa di più vivibili sistemazioni abitative di cui non esistono finora progetti, perché il Comune si vanta di aver realizzato un campo attrezzato per 24 nuclei familiari. Al di là di queste circoscritte situazioni umane, a monte bisogna provvedere da parte di tutte le amministrazioni locali (Comuni, Provincia, Regione) all’elaborazione comune di strategie di accoglienza e riconoscimento di queste popolazioni che siano guida per le società locali. Facciamo appello al Ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, perché voglia convocare un tavolo istituzionale tra Regione, Provincia e Comuni per strategie di riconoscimento e di inclusione al fine di eliminare queste sacche di inciviltà e disumanità che gridano al cielo.

Ci siamo forse abituati alla presenza di rifiuti nelle nostre terre, per cui non fanno impressione queste discariche di “rifiuti umani”?

(Domenico Pizzuti)
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